Normativa Iva in Italia ed Europa: obblighi, fattura elettronica e sanzioni

La normativa IVA in Italia e in Europa è sempre più al centro dell’attenzione di imprese e professionisti. Dal DPR 633/1972 alle direttive comunitarie, passando per l’introduzione della fatturazione elettronica e dei pagamenti digitali, le regole stanno cambiando molto velocemente. Il pacchetto europeo “VAT in the Digital Age” segna un passaggio cruciale: entro il 2030 tutte le transazioni B2B intracomunitarie dovranno infatti essere notificate elettronicamente. Per molti consumatori è banalmente una “tassa invisibile”. Per le imprese e i professionisti, invece, l’imposta sul valore aggiunto è un argomento quotidiano di fondamentale importanza, considerando che la normativa in tema IVA rappresenta uno dei pilastri della fiscalità moderna. Che si tratti di un piccolo commerciante o di una multinazionale, ogni attività economica è infatti tenuta a seguire regole precise su aliquote, fatturazione, scontrini fiscali e corrispettivi. La ragione è facilmente intuibile: l’imposta rappresenta non soltanto una delle principali fonti di gettito pubblico, ma anche uno strumento di armonizzazione tra i sistemi fiscali dei Paesi dell’Unione europea.

Guardando all’Italia, è utile focalizzarsi su aspetti pratici come l’obbligo di emettere scontrini elettronici, la gestione dei pagamenti digitali e l’adozione della fatturazione elettronica. A livello comunitario, il dibattito si concentra soprattutto sull’eventualità di superare le frammentazioni tra i vari regimi nazionali e di introdurre di conseguenza un modello comune di fattura elettronica europea. In questo senso, un passo decisivo è arrivato lo scorso 25 marzo, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’Ue del ViDA – “VAT in the Digital Age”.

Il pacchetto di riforme introduce novità di rilievo utili a modernizzare la gestione dell’IVA in tutta l’Europa e a debellare la piaga dell’evasione fiscale, stimata tra i 50 e i 70 miliardi di euro annui.

La normativa Iva in Italia e in Europa

In Italia l’IVA è regolata dal DPR 633/1972 ed è strutturata con aliquote differenziate: quella ordinaria è al 22%, quella ridotta per specifici beni e servizi al 10% e al 5%, quella minima per beni di prima necessità al 4%. Per i soggetti che operano solo sul territorio nazionale, il funzionamento è semplice: si calcola la differenza tra Iva a debito e Iva a credito e si versa allo Stato la somma risultante. Il quadro si complica però quando entrano in gioco le operazioni intracomunitarie. L’Unione europea, attraverso la direttiva 2006/112/CE, ha fissato principi comuni, lasciando però allo stesso tempo agli Stati membri la possibilità di mantenere aliquote e modalità operative diverse. Nello specifico, l’Iva in Germania si applica per esempio con aliquota ordinaria al 19%, l’IVA in Spagna al 21%, l’IVA in Austria al 20%. Ancora, la Francia prevede il 20% come aliquota standard.

Queste differenze, nonostante appaiano contenute, creano di fatto oneri amministrativi per tutte quelle imprese abituate a operare in più Paesi. Poniamo il caso di un’azienda italiana che vende online prodotti a consumatori tedeschi: essa è tenuta ad applicare l’IVA tedesca e gestire le dichiarazioni attraverso il sistema One Stop Shop (Oss), che consente di accentrarne il versamento in Italia. Senza tale meccanismo, le imprese sarebbero chiamate ad aprire posizioni fiscali in ciascun Paese di destinazione. La digitalizzazione dei processi fiscali, in particolare proprio la ViDA, mira a superare queste complessità attraverso l’introduzione di un sistema uniforme di rendicontazione digitale e di fatturazione elettronica. Una soluzione che ridurrebbe i costi di compliance e offrirebbe vantaggi concreti sia alle grandi aziende, sia alle piccole e medie imprese.

Martelletto del giudice e banconote in euro

Evasione fiscale tra miti e realtà: cosa significa davvero per scontrini e pagamenti elettronici

Nel dibattito pubblico, capita spesso di incorrere in soggetti che confondono l’evasione fiscale con l’elusione. Se nel secondo caso sono le carenze dell’ordinamento giuridico a permettere a un contribuente di ridurre il proprio carico fiscale, il primo implica veri e propri comportamenti illeciti, come non emettere scontrini fiscali o omettere dichiarazioni Iva, per giungere al medesimo risultato. 

Uno dei miti più diffusi è che lo scontrino non serva al consumatore. Niente di più falso, considerando che senza scontrino elettronico non si ha diritto a resi, garanzie o detrazioni fiscali. Anche lo scontrino di cortesia, usato in alcune catene retail, non sostituisce quello fiscale, ma ha solo un valore informativo e non può essere utilizzato a fini legali. Un altro falso mito riguarda i costi dei pagamenti elettronici: sebbene vi siano commissioni, l’uso del Pos porta con sé numerosi vantaggi: per esempio, riduce l’economia sommersa, aumenta la sicurezza per l’esercente e riduce i rischi di frode.

I dati del Ministero dell’Economia parlano chiaro: in Italia il gap IVA, ovvero la differenza tra il gettito atteso e quello effettivamente riscosso, rimane tra i più alti in Europa. La maggior parte del totale è legata proprio alla mancata emissione di scontrini fiscali ed elettronici e fatture elettroniche. Da qui deriva l’obbligo di utilizzare strumenti telematici: oggi è possibile emettere scontrino elettronico anche senza registratore di cassa, grazie a software certificati e applicazioni collegate direttamente all’Agenzia delle Entrate. Le sanzioni introdotte dal governo Draghi nel 2022 nei confronti di esercenti e professionisti contrari ad accettare pagamenti con carte di debito, credito o prepagate tramite Pos e la contestuale diffusione dei pagamenti digitali hanno reso più difficile l’occultamento dei corrispettivi e fatture. Nel dettaglio, i dati diffusi negli ultimi anni da Istat e Banca d’Italia vedono l’uso delle carte e degli strumenti elettronici in crescita costante, fattore che rappresenta sicuramente un segno di un cambiamento culturale in atto non solo tra gli esercenti e i professionisti stessi, ma anche tra i consumatori.

La fatturazione elettronica in Europa: obblighi, differenze nazionali, trend futuri

L’Italia è stato il primo Paese europeo a introdurre la fattura elettronica obbligatoria per quasi tutti i soggetti IVA. Dal 2019, attraverso il Sistema di Interscambio (SDI), ogni fattura deve essere infatti emessa e ricevuta in formato digitale (dal luglio 2022 per i forfettari). Nel resto d’Europa, la situazione è più diversificata. 

In Spagna, per esempio, con il sistema della Fornitura Immediata di Informazioni (SII), le grandi imprese devono comunicare in tempo reale le fatture emesse e quelle ricevute. A partire da quest’anno, l’Agenzia delle Entrate spagnola (Aeat) ha inoltre imposto ai software di fatturazione, attraverso il sistema di controllo fiscale Verifactu, di garantire l'integrità e la tracciabilità delle fatture, inviandole i dati in tempo reale. L’esperienza spagnola dimostra nel complesso come i grandi investimenti tecnologici portino a una sensibile riduzione dell’evasione.

Per quanto riguarda la Germania, dall’1 gennaio scorso è partito il processo che porterà la fatturazione elettronica a diventare obbligatoria nel 2028 per tutte le aziende nei rapporti B2G e B2B, tanto nel ciclo passivo, quanto in quello attivo. Tempi lunghi, in parte giustificati dalla necessità di adeguare i sistemi federali. 

In Francia il calendario iniziale, che prevedeva l’obbligo a partire dal 2024, è stato rinviato al settembre 2026, fase dalla quale saranno già coinvolte tutte le imprese, con l’obiettivo di uniformare il sistema a quello italiano. 

Discorso a parte lo merita l’Austria, Paese in cui ad oggi la fatturazione elettronica (eRechnung) è obbligatoria solo per i fornitori verso la Pubblica Amministrazione e resta a base volontaria per le transazioni tra privati. 

Alla luce di tutte queste differenze, la prospettiva comune individuata dal VAT in the Digital Age assume un’importanza strategica per l’economia continentale: la normativa eliminerebbe infatti la necessità di adattarsi a più sistemi nazionali, riducendo costi e complessità, pur restando ferme le sfide legate alla protezione dei dati, all’interoperabilità dei software e agli investimenti iniziali che le aziende saranno chiamate ad affrontare per adeguarsi.

Sanzioni, la mappa sintetica per macro-aree

Il mancato rispetto delle regole Iva comporta sanzioni pesanti. In Italia si distinguono tre macro-aree:

  • Sanzioni IVA: comprendono gli omessi versamenti, le dichiarazioni infedeli e le irregolarità contabili e possono arrivare fino al 240% dell’imposta dovuta.
  • Sanzioni sui corrispettivi: riguardano la mancata emissione dello scontrino fiscale o l’omessa trasmissione telematica dei dati. In questo senso, anche un semplice “annulla scontrino” non registrato correttamente può essere considerato un illecito.
  • Sanzioni sulla fatturazione e conservazione: la mancata emissione della fattura elettronica o la conservazione non a norma comportano multe proporzionate agli importi non documentati.

Anche per quanto riguarda le sanzioni, a livello europeo non esiste un regime unico, ma ogni singolo Stato membro stabilisce in piena autonomia la loro entità. Per questo motivo, le imprese italiane che operano oltre confine sono chiamate a prestare attenzione non soltanto alla normativa nazionale, ma anche a quella del Paese di destinazione. Soprattutto per questo, gli ordini professionali e i consulenti fiscali raccomandano l’uso di software gestionali certificati per ridurre al minimo i rischi.

Verso un mercato sempre più integrato

L’IVA è molto più di un’imposta sul consumo: è un sistema complesso, che coinvolge normative nazionali e direttive europee, fatturazione elettronica, emissione di scontrini fiscali e rispetto dei corrispettivi. Le imprese, gli esercenti e i professionisti non possono trascurare questi aspetti, considerando le sanzioni e le difficoltà operative che ne deriverebbero.

La digitalizzazione, dai pagamenti elettronici alla fattura elettronica europea, è un processo sfidante, che porta con sé numerose difficoltà. Al tempo stesso rappresenta però un’opportunità - se non l’unica - per semplificare gli adempimenti e ridurre l’evasione fiscale in Europa. Prepararsi oggi a queste trasformazioni è dunque l’unica strada per essere più competitivi in un mercato destinato a diventare sempre più integrato.

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